Solo due anni fa, infortunato e al capolinea della propria storia con la Honda, aveva detto basta. Bisogna tornare lì, al Sachsenring 2023, per capire la grandezza dell’impresa che sta compiendo lo spagnolo
Adesso sembra tutto ineluttabile. Marc Marquez è più forte, è imbattibile, ha trovato la quadra perfetta sulla più moderna e performante delle Ducati. Quindi non c’è niente da fare, ed è già tutto scritto. Eppure. Eppure due anni fa, non venti, sullo stesso circuito in cui gli era sempre riuscito tutto facile, aveva mollato. Non si era arreso quando si era fratturato l’omero. Non aveva mollato quando per due volte un occhio gli si era incantato e la diplopia gli faceva vedere tutto raddoppiato. Aveva resistito a cinque interventi chirurgici e ogni volta era tornato in pista con la stessa rabbia e determinazione. Ma due anni fa esatti al Sachsenring aveva detto basta: dopo essere caduto cinque volte tra libere, qualifiche e Sprint. “Non mi sento più di correre”, aveva detto. Ed era sembrato il “No mas” di Roberto Duran sotto i cazzotti di Sugar Ray Leonard. Solo che a Marc i pugni non li davano gli avversari: era la sua condizione a frenarlo e la irriconoscibile Honda a dargli ogni volta, inesorabilmente, il colpo di grazia. Marquez non aveva corso al Sachsenring, dove aveva già vinto 11 volte. Dieci delle quali partendo dalla pole, in una supremazia che aveva pochi altri precedenti (Agostini a Imatra…), l’undicesima già dopo l’infortunio del 2020, nell’edizione del 2021, in un segnale di rinascita che a ben pensarci poteva arrivare solo lì, sulle colline di Sassonia. E che lo aveva illuso. Perché il peggio non sarebbero state né le ossa rotte né la vista sdoppiata, ma la sua moto all’improvviso diventata per lui inguidabile.